Stabilizzazione a cemento in situ
La stabilizzazione a cemento dei terreni è simile nelle lavorazione e nei benefici alla stabilizzazione a calce.
Consente anch’essa di recuperare i terreni in situ, evitando scavi, trasporti, acquisto e posa di materiali da cava, con evidenti vantaggi di tipo economico ed ambientale.
I terreni che possono essere trattati a cemento sono quelli appartenenti alle classi A1, A3, A4, A5 ed ai sottogruppi A2-4 ed A2-5, quindi ghiaie, sabbie e limi, quindi con un indice plastico Ip < 10.
Stabilizzarli a cemento significa incrementarne le caratteristiche meccaniche, ma anche migliorarne il comportamento nei confronti dell’azione del gelo e dell’acqua e svolgere una funzione anticapillare.
Per realizzare un intervento è necessario eseguire uno studio di laboratorio, dove vengono testati a rottura i provini ottenuti miscelando campioni di terreno con opportune quantità di cemento (generalmente dal 2,5 al 5 % in peso) ed acqua al fine di determinare la miscela ottimale.
Le fasi operative sono le medesime della stabilizzazione a calce:
1) Scotico;
2) Stesa del cemento
Normalmente viene utilizzato del cemento Portland 32.5, anche se nel periodo invernale è consigliabile la stesa del 42.5, che garantisce una maggiore garanzia di resistenza anche alle basse temperature;
3) Miscelazione ed idratazione.
Nella stabilizzazione a cemento è sufficiente una sola passata per miscelare terreno cemento ed acqua, consentendo produzioni che, a seconda della profondità di lavorazione, possono raggiungere i 4000-5000 metri quadrati giornalieri.
4) Compattazione
5) Livellazione e finitura